"Il nuovo solare termodinamico ad alta temperatura, l'energia catturata dagli specchi parabolici e immagazzinata da un fluido salino, è la terza via delle rinnovabili. Una fonte pulita, perfettamente competitiva, abbondante e sicura.

Basta un quadrato di tre chilometri di lato, la lunghezza di una pista di aeroporto, per ottenere la stessa energia di una centrale nucleare.

E per giunta è tecnologia italiana: una ricchezza che possiamo utilizzare direttamente ed esportare". E' un Carlo Rubbia in grande forma quello che si accinge a battezzare la fase uno del suo sogno.

A meno di quattro anni dall'ideazione del progetto Archimede, il premio Nobel che guida l'Enea festeggerà oggi l'inaugurazione della nuova centrale elettrica di Priolo, in provincia di Siracusa, l'impianto Enel ristrutturato per far posto al sole. Si tratta della prima dimostrazione della realizzabilità del programma solare dell'Enea, un primo passo concreto che potrebbe aprire la strada a una filiera energetica made in Italy.

Eppure, dopo Archimede che l'aveva usata per altri scopi, questa forma di energia solare ha avuto poco successo. E l'esperienza della centrale siciliana a specchi di Adrano, che ha inghiottito molti fondi e prodotto poca energia, aveva indotto al pessimismo.

 

Cosa è cambiato?

"Lasciando da parte Archimede, troviamo che il primo brevetto per gli specchi solari risale al 1860. Da allora è stato un succedersi di prove ed errori. Per esempio vent'anni fa, in California, avevano costruito centrali ibride che usavano il solare e il gas naturale, ma bastava una nuvoletta per bloccare il solare e far partire l'impianto a gas: il rendimento era scarso. E poi come fluido per accumulare il calore si usava un olio minerale poco sicuro e ad alto impatto ambientale. Oggi parliamo di una tecnologia completamente diversa".

 

Molto più affidabile?

"Non c'è paragone. Noi usiamo specchi di nuova progettazione che si muovono lungo l'arco della giornata seguendo il sole e quindi riescono a catturare più luce. Al posto del vecchio olio infiammabile abbiamo una miscela di sali fusi che non causa problemi e consente di accumulare l'energia in moda da renderla disponibile in ogni momento, anche quando non c'è il sole, in modo da ottenere la flessibilità richiesta dal mercato. E infine c'è il fattore temperatura che è fondamentale perché lo scopo finale è produrre vapore per far girare le turbine: la vecchia tecnologia solare non arrivava a superare i 350 gradi; ora raggiungiamo i 550 gradi, la stessa temperatura che si usa negli impianti a combustibili fossili".

 

Siamo comunque ancora alla fase di sperimentazione.

"Come esperimento pilota i 20 megawatt raggiunti dalle tecnologie solari alla centrale di Priolo non sono da buttar via: bastano a una città di 20 mila abitanti, consentono di risparmiare 12.500 tonnellate equivalenti di petrolio l'anno ed evitano l'emissione di 40 mila tonnellate l'anno di anidride carbonica. E il bello è che questo tipo di energia è conveniente: ai prezzi attuali l'impianto si ripaga in 6 anni e ne dura 30. Oltretutto, una volta avviata la produzione di massa, i prezzi di costruzione tenderanno al dimezzamento".

 

Quanto costa oggi un metro quadrato di specchi?

"Oggi, cioè in fase preindustriale, il costo complessivo dell'impianto oscilla tra i 100 e i 150 euro a metro quadrato. E da un metro quadrato si ricava ogni anno un'energia equivalente a quella di un barile di petrolio. Il che vuol dire che utilizzando un'area desertica o semidesertica di dieci chilometri quadrati si ottengono mille megawatt: la stessa energia che si ricava da un impianto nucleare o a combustibili fossili, ma con costi inferiori e con una lunga serie di problemi in meno".

 

Per esempio?

"Non si producono rifiuti né emissioni. L'energia è abbondante e rinnovabile. Non bisogna costruire sistemi di trasporto per i combustibili perché il sole arriva da solo. Gli investimenti e i costi sono più bassi rispetto alle centrali convenzionali. Il sistema è estremamente flessibile e si presta ad essere usato con impianti di piccola taglia in località isolate. I tempi di costruzione sono brevi, circa tre anni".

 

Ritiene che questa tecnologia cambi il ruolo delle rinnovabili?

"Secondo le previsioni dell'Iaea le rinnovabili di nuovo tipo, escludendo dunque l'idroelettrico e la biomassa tradizionale, non supereranno il 3,5 per cento del totale energetico nel 2030. Per andare oltre occorrono due condizioni. La prima è che i costi siano competitivi. La seconda è che il sistema sia flessibile: non a caso l'unica rinnovabile che ha mercato è l'idroelettrico perché le dighe consentono di usare l'acqua quando ce n'è bisogno. La tecnologia che si sperimenta a Priolo soddisfa entrambe queste condizioni".

 

Quanta energia si può produrre con questo tipo di centrali?

"In prospettiva, arrivando a un'applicazione industriale su larga scala, si può pensare che in regioni con una buona insolazione come il Sud dell'Italia si ricavi energia sufficiente a sostituire carbone, petrolio e metano".

 

Ma se la tecnologia è così semplice e i costi così bassi, perché il sistema non si è già imposto?

"Perché è un'idea nuova, e come tutte le idee nuove fatica ad essere assimilata. Noi stiamo aprendo un mercato dalle potenzialità enormi in un momento in cui c'è un disperato bisogno di un'energia non inquinante. Decidere tempi e modi spetta ai politici. Certo dal punto di vista scientifico una cosa va detta: o si lavora seriamente alla costruzione di un sistema energetico diverso da quello attuale, più pulito e in grado di ottenere più consenso, oppure si va avanti continuando a immettere gas serra nell'atmosfera e ci si assume il rischio dell'instabilità climatica legata a questo processo". [La Repubblica-A.Cianciullo]

————————————————————————————————————————————————————————————-

 

Dopo questa intervista che risale a 2004 le cose non sono cambiate. I principi rimangono quelli.

Nel 2007 viene firmata una convenzione ENEA-ENEL per la progettazione esecutiva dell’impianto Archimede. Saranno costruite 10 centrali da 40 Mwe nel sud-italia. Nel 2010 dovrebbe entrare in funzione la prima delle centrali programmate.

 

Il principio di funzionamento:

Nell'impianto ENEA gli specchi parabolici lineari concentrano la luce diretta del sole su un tubo ricevitore (dentro il quale scorre il fluido termovettore), che assorbe l'energia raggiante e la converte in calore ad alta temperatura.

Il fluido riscaldato (a 550 °C) viene convogliato in un serbatoio "caldo", dove va a costituire l'accumulo di calore ad alta temperatura.

Dal serbatoio "caldo", il fluido è inviato ad uno scambiatore dove cede una parte di calore con il quale viene generato vapore che alimenta un sistema convenzionale di produzione di energia elettrica.

Il fluido conclude la sua corsa nel serbatoio "freddo", a 290°C, da dove viene prelevato e re-immesso nel ciclo.

Il sistema progettato dall'ENEA combina le due tecnologie dei sistemi a collettori parabolici lineari (SEGS) e dei sistemi a torre e prevede una serie di profonde innovazioni che permettono di superare i punti critici di entrambe.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le principali innovazioni riguardano:

- l'utilizzo di un sistema di accumulo termico costituito da due serbatoi di stoccaggio di grandi dimensioni, mediante il quale l'impianto può erogare una potenza elettrica costante nell'arco delle 24 ore, indipendentemente dalla variabilità della fonte solare;

- l'incremento della temperatura di funzionamento dell'impianto (circa 550°C). Questa innovazione richiede, da un lato, l'uso di un fluido termovettore (miscela di nitrati di sodio e di potassio) diverso dall'olio sintetico impiegato negli impianti attualmente in esercizio e, dall'altro lato, un sostanziale miglioramento delle proprietà ottiche del rivestimento del tubo ricevitore dei collettori che permetta un migliore assorbimento del calore;

- la progettazione di un nuovo tipo di concentratore, basato sull'impiego di componenti in grado di assicurare una significativa riduzione dei costi di costruzione e posa in opera.

Questi miglioramenti dovrebbero permettere lo sviluppo di una originale e competitiva "nicchia" di mercato sia nazionale che internazionale.

Il sistema dovrebbe avere costi inferiori a quelli previsti dagli impianti a torre e, nel contempo, sfruttare tutta l'esperienza operativa acquisita dalla ormai matura tecnologia modulare dei SEGS.

 

 

 

 

 

 

 

Alcuni specchi concentratori

Progetto “Archimede”

Frutto della collaborazione tra Enel ed Enea, il  progetto Archimede consente di applicare, per la prima volta nel mondo, l'integrazione tra un ciclo combinato a gas e un impianto solare termodinamico. Utilizzando una tecnologia innovativa ed esclusiva, elaborata da Enea, Archimede produce energia elettrica dal Sole in maniera costante. Consente un risparmio di 12.500 tonnellate di petrolio e minori emissioni di anidride carbonica...

Titoli presenti in questa pagina:

 

1) Progetto “Archimede” di C. Rubbia

 

cmseritti - I.T.I.S. "E.Majorana" - Avezzano

Chi volge le spalle al sole vede solo la sua ombra...

Per ulteriori informazioni:

Tel.: 0863.412900

Fax: 0863.412900

E-mail: cmseritti_at_tin.it

 

sostituisci _at_con @

Il fotovoltaico

Lo sviluppo economico e tecnologico è garantito dalla ricerca dell’energia pulita, la grande scommessa del futuro.

Gli impianti fotovoltaici hanno avuto un vero e proprio boom negli ultimi anni con un trend di crescita del 40% all’anno  e si prevede che la crescita proseguirà per i prossimi anni ad un ritmo vicino al 25% annuo.

Si stima che nel 2030 il 9,4% dell’energia elettrica prodotta nel mondo verrà dal fotovoltaico ...

Celle  a semiconduttori

Esistono particolari materiali semiconduttori al silicio che colpiti dalla luce solare si "eccitano" sviluppando una carica elettrica. Le celle fotovoltaiche sfruttano questo principio fisico.

 

Le celle fotovoltaiche sono costituite in silicio di diverse tipologie:

 

silicio monocristallino (maggiore efficienza ma più costoso)

silicio policristallino  (discreta efficienza e prezzo, oggi il più usato)

silicio amorfo (minore efficienza e basso prezzo, poco usato)

 

Poiché il silicio monocristallino ha costi di produzione più elevati rispetto al policristallino, attualmente per costruire i pannelli solari si preferisce quest’ultimo. Il pannello che viene usato maggiormente è quello "a doppio vetro" dove la cella fotovoltaica è incapsulata tra due strati di vetro ad alta resistenza ed uniti con uno strato di silicone trasparente.

 

Le celle fotovoltaiche sono fatte di sottili fette di silicio spesse da 0,3 a 0,5 mm di forma circolare, rettangolare o ottagonale. Le due superfici della cella vengono metallizzate per permettere il loro collegamento elettrico. Nella parte da esporre al sole, la metallizzazione assume la forma tipica di una griglia affinché la luce solare possa passare.

 

Quando la luce del sole colpisce la cella, si crea una corrente elettrica continua, cioè si ha una debole pila.

Collegando opportunamente in serie e in parallelo più celle si viene ad avere la tensione e la potenza elettrica richiesta dall'impianto. La corrente così prodotta di giorno, può essere immagazzinata in una batteria accumulatore. Sul circuito elettrico occorre inserire un diodo opportunamente dimensionato al fine di evitare lo scaricamento della batteria. Infatti in assenza di luce, il pannello solare si trasforma in un elemento passivo che assorbe energia anzichè generarla.

 

Il rendimento della cella si aggira intorno a 0,14. Ciò significa che solo ca. il 14% circa dell'energia solare viene trasformata in energia elettrica. Le cause principali di questo basso rendimento sono dovute a diversi fattori:

- le celle sono sensibili solo a determinate lunghezza d'onda dello spettro solare;

- parte dell'energia solare viene trasformata in calore che, oltre ad essere dannoso alla cella, ne riduce il rendimento;

- parte della radiazione viene riflessa dal pannello stesso;

- i collegamenti elettrici tra le celle introducono una resistenza che dissipa energia.

Vantaggi: buone caratteristiche di semplicità e affidabilità, assenza di inquinamento o rumore, discreta facilità di manutenzione, autogestione.

Svantaggi: ingombro, occorrono ampie aree su cui installare i pannelli, distanti da alberi o altri ostacoli alla radiazione solare, a  questo si può parzialmente rimediare installando i pannelli su superfici non utilizzabili come i tetti degli edifici;

- costo elevato dei pannelli fotovoltaici.

 

Ottimizzazione delle celle solari (celle concentrate)

Attraverso uno stratagemma generalmente utilizzato per raffreddare i chip dei computer ad alte prestazioni, i ricercatori dell’Ibm hanno trovato un modo per produrre celle fotovoltaiche concentrate più efficienti nella conversione dell’energia solare in elettricità. Gli esperti hanno infatti dimostrato che è possibile aumentare di circa dieci volte la concentrazione della luce sulle cellule senza che esse fondano. In questo modo, spiegano, si riesce a moltiplicare fino a cinque volte il quantitativo di energia elettrica utilizzabile prodotta.

Il principio che sta alla base delle celle fotovoltaiche concentrate consiste nell’utilizzo di ampie lenti che indirizzano la luce su una porzione relativamente ridotta del materiale semiconduttore fotovoltaico. Ne deriva il vantaggio di sfruttare solo una piccola parte del semiconduttore, con una notevole riduzione dei costi.

Esistono diverse aziende che commercializzano tecnologie del genere, ma una delle principali difficoltà connesse a tale tecnica risiede nel gestire gli enormi quantitativi di calore prodotti dalla luce solare ad alta concentrazione. Il chip si surriscalda, e via via che la temperatura sale l’efficienza diminuisce, quindi bisogna far in modo di non farlo riscaldare troppo.

Generalmente ci sono due modi per raggiungere l’obiettivo: o si utilizzano degli assorbitori passivi di calore – blocchetti di metallo che disperdono il calore della cellula – oppure, nel caso di sistemi a più elevate temperature, si ricorre al raffreddamento idrico, in cui l’acqua viene pompata attraverso un assorbitore metallico per scaricare più efficientemente l’energia termica.

Per diversi aspetti, la problematica è assai simile a quella relativa al raffreddamento dei chip informatici, con cui l’Ibm ha grandissima dimestichezza. Attualmente, i chip supportano circa 100 watt di energia per centimetro quadrato, l’equivalente di quanto dovrebbero tollerare le cellule fotovoltaiche concentrate. E’ stato così adattato un materiale, sviluppato dall’Ibm e correntemente impiegato nei chip informatici, allo scopo di migliorare il processo di trasferimento del calore dalla cella fotovoltaica all’assorbitore raffreddato ad acqua.

La soluzione ideata da Ibm consiste nel collocare uno strato ultrasottile di metallo liquido, un composto del gallio e dell’indio, tra le due superfici. 

Il principale vantaggio consiste nel fatto che si tratta di un metallo, in quanto tale dotato di un’elevata conduttività termica. D’altro canto, però, essendo un liquido è possibile plasmarlo in strati estremamente fini, generalmente di circa 10 micrometri.

Con questa semplice soluzione, i tecnici Ibm hanno dimostrato di poter concentrare l’equivalente di 2300 volte l’energia naturale del sole su un chip fotovoltaico di un centimetro quadrato. Senza raffreddamento, un calore del genere sarebbe in grado di fondere l’acciaio.

 La temperatura della cella fotovoltaica supererebbe i 1500 gradi, finendo quindi per vaporizzarsi.

Con l’ausilio del metallo liquido e del sistema di raffreddamento ad acqua, invece, la temperatura del materiale fotovoltaico Ibm si mantiene sugli 85 gradi.

Ad ogni modo, malgrado le enormi potenzialità dell’approccio individuato, l’Ibm non ha intenzione di lanciarsi nel mercato del solare; sono in corso trattative con aziende produttrici di celle solari per la licenza della nuova tecnologia.

[Technology Review]

 

Solare polimerico

Un grosso vantaggio dei materiali fotovoltaici organici o plastici risiede nel fatto che questi, sotto forma di pellicola, possono essere depositati su larghe aree e a costi molto ridotti a partire da una soluzione liquida come veri e propri inchiostri o paste. È possibile quindi usare metodi tipici dell’industria della stampa riducendo drasticamente i costi di materiale, di processo e di dispendio energetico.

Nei laboratori dell'University of California di Los Angeles (UCLA) è stato messo a punto, già da 2005, un pannello solare, in materiale plastico che costa il 10-20% rispetto ad uno tradizionale in silicio. Il risultato è stato ottenuto dal professor Yang Yang e da due suoi collaboratori, Gang Li e Vishal Shrotriya. Il lavoro è stato pubblicato su Nature Materials.

dispetto della semplicità del sistema, le celle sviluppate da Yang Yang sarebbero in grado di raggiungere un'efficienza energetica del 4,4%, il valore più alto mai ottenuto con materiali polimerici, prestazioni certificate presso l'ente americano NREL (National Renewable Energy Laboratory).

Si tratterebbe di un risultato ulteriormente migliorabile attraverso nuove ricerche: in breve tempo Yang ipotizza di raddoppiare l'efficienza fino a raggiungere un valore compreso tra il 15 e il 20%, con una vita utile delle celle intorno ai 15-20 anni. I tradizionali pannelli in silicio di pari durata garantiscono oggi un'efficienza energetica pari al 14-18%.

 

La ricerca

La leadership in questo settore di ricerca è contesa tra Stati Uniti ed Europa. L’attività è stata avviata negli Stati Uniti, ma è da circa un decennio che l’Europa contribuisce considerevolmente all’avanzamento delle conoscenze nel campo del fotovoltaico organico.

Si possono citare come gruppi leader il gruppo austriaco del Prof. Sariciftci ed il gruppo di Santa Barbara (California) del Prof. Heeger.

E’ doveroso ricordare che nel 2000 il Prof. Heeger è stato insignito del premio Nobel per la chimica per aver contribuito, alla fine degli anni ’70, alla scoperta delle straordinarie proprietà elettriche dei polimeri organici coniugati, cioè della classe di materiali che oggi sembra essere molto promettente per lo sviluppo del fotovoltaico organico.

L’attuale stato dell’arte per l’efficienza di celle solari organiche è intorno al 5-6%, per prototipi di laboratorio di dimensioni ridotte.

In base alle attuali conoscenze, sono comunque prevedibili ampi margini di miglioramento.

Si è stimato che ottimizzando tutti i vari parametri che contribuiscono alle prestazioni delle celle solari organiche si possa tendere ad un’efficienza del 10%: una prospettiva decisamente interessante.

In Italia se ne sta occupando il CNR e l’università di Tor Vergata a Roma (Soc. CHOSE, Lazio). Qualche anno fa se ne parlava a Catania dove erano in corso studi da parte di una società italo-francese con stabilimento in Sicilia.

 

Gamma polimerica

La gamma di celle solari organiche è ampia e si trova in diversi stadi di ricerca e di maturazione tecnologica e comprende, in sintesi, le celle “dye sensitized” (o DSSC), le celle totalmente organiche (anche dette plastiche), e le celle ibride organico/inorganico.

Per le celle DSSC (o di Grätzel, dal nome del loro inventore), la parte fotoelettricamente attiva, spessa qualche micrometro ed inserita tra due elettrodi, è costituita da un pigmento organico, da ossido di titanio e da un elettrolita.

Le celle DSSC, ispirandosi al processo di fotosintesi clorofilliana, utilizzano una miscela di materiali in cui un pigmento assorbe la radiazione solare e gli altri componenti estraggono la carica per produrre elettricità.

Infatti è possibile ottenere l’effetto fotovoltaico anche con pigmenti vegetali. Efficienze massime del 10-11% e tempi di vita di vari anni, valori comunque in costante aumento, sono stati misurati in laboratorio per questo tipo di cella singola, utilizzando pigmenti sintetizzati attraverso i processi della chimica organica.

Anche se le condizioni sotto insolazione all’aperto, per pannelli su larga area, sono più severe di quelle in laboratorio, varie realtà industriali, tra cui la Konarka Technologies, G24I, DyeSol, Aisin Seki, Hitachi, e Sharp, stanno investendo grosse risorse nello sviluppo di questo tipo di tecnologia.

Le celle fotovoltaiche completamente organiche, sia quelle a “small molecules”, realizzate attraverso un’evaporazione sotto vuoto, sia quelle polimeriche, realizzate attraverso deposizione in forma liquida, sono recentemente arrivate al 4-5% di efficienza massima per celle in laboratorio. Queste celle, anche conosciute come “plastiche”, sono molto interessanti in quanto le tecniche di fabbricazione sono le più semplici da attuare.

 

Il futuro è la stampa?

La società statunitense Nanosolar ha sviluppato una rivoluzionaria tecnica di produzione delle celle che utilizza la stampa di nuovi materiali diversi dal silicio. Il risultato è una cella sottilissima e dal costo inferiore a 1 dollaro per watt.

La cella fotovoltaica più economica è a film sottile e costa 0,99 centesimi di dollaro per watt. È stata sviluppata nello stabilimento di San Jose (California) dall'azienda statunitense Nanosolar, nata nel 2001 grazie al finanziamento di Page e Brin, fondatori di Google.

Oltre ad essere poco costosa, la cella è anche 5 volte più efficiente di quelle oggi in commercio, in quanto è stata realizzata secondo la tecnologia CIGS (Copper Indium Gallium Diselenide), un metodo di produzione innovativo delle celle che vengono ottenute stampando su materiale flessibile uno strato sottilissimo di semiconduttore costituito da una lega di rame, indio, gallio e selenio.

La cella fotovoltaica è costituita alla base da una lamina metallica depositata in una soluzione contenente nanoparticelle del materiale a base di rame.

Una volta catturate le particelle ed evaporato il liquido, la lamina assume proprietà fotovoltaiche. Rispetto ai 200-300 micron di spessore delle celle di silicio, la nuova pellicola è molto più sottile – 1 micron – e quindi molto più economica.

La tecnologia CIGS è stata ideata da Nanosolar proprio con l'obiettivo di una riduzione dei costi delle celle, uno dei principali ostacoli all'adozione su vasta scala del fotovoltaico.

La prima azienda che utilizzerà i nuovi moduli sarà la tedesca Beck Energy, che realizzerà nell'Est della Germania un impianto pilota  della potenza di 1 MW.

 

 

Link utili:

 

http://www.isof.cnr.it/mint/mint.html

http://www.nanosolar.com/about.htm

http://www.ilportaledelsole.it/

Titoli presenti in questa pagina:

 

2) Il fotovoltaico

Fonti energetiche rinnovabili: il solare

Produzione di energia elettrica in Italia

 

L'Italia produce (dati 2006) mediamente di 41,1 Gigawatt di potenza elettrica lorda istantanea (38,6 Gigawatt di potenza elettrica netta istantanea).

Tali valori oscillano tra la notte e il giorno mediamente da 28 a 50 Gigawatt, con punte minime e massime rispettivamente di 21 e 56 Gigawatt.

Il dato di "consumo nazionale lordo" contiene una percentuale pari al 12,5% di energia importata dall'estero (ovvero, al netto delle esigue esportazioni, circa 44.900 GWh annui nel 2006), che incide per il 13,3% sul valore dell'energia elettrica richiesta.

Il fabbisogno nazionale lordo di energia elettrica viene coperto per il 73,0% attraverso centrali termoelettriche che bruciano principalmente combustibili fossili in gran parte importati dall'estero (piccole percentuali - inferiori al 2% - fanno riferimento a biomasse, rifiuti industriali o civili e combustibile nazionale).

Un altro 14,5% viene ottenuto da fonti rinnovabili (idroelettrica, geotermica, eolica e fotovoltaica) per un totale di energia elettrica di produzione nazionale lorda di circa 314.090 GWh annui.

La rimanente parte per coprire il fabbisogno nazionale é importata all'estero nella percentuale già citata del 12,5%. Il totale complessivo è, quindi, di ca 360.000 Gwh all’anno (sempre dati del 2006).

Ogni nuovo anno occorre considerare un incremento almeno del 2-3%.

Quindi nel 2008 dovremmo aver superato i 380 Twh.

 

Per approfondimenti:

www.terna.it - www.enel.it - www.edf.fr - www.endesaitalia.it - www.ansaldoenergia.com